Solitamente la distinzione principale tra i tipi di parto con cui dare alla luce il proprio piccolo è quella che viene fatta tra il parto naturale o spontaneo e il parto cesareo. Una donna alla prima gravidanza, che scopre di essere incinta e che ha ancora non ha frequentato un corso di assistenza al parto né ricevuto o cercato informazioni in merito sa che, se non ci saranno complicazioni di sorta o se il bambino non si presenterà in posizione podalica, il suo parto sarà con ogni probabilità un parto spontaneo. Si può poi scegliere la posizione ideale, che può essere quella più “classica” distese sul lettino da parto (la posizione più “favorevole” per l’equipe medica, ma non sempre per la neo mamma), oppure la cosiddetta “sedia olandese”, o ancora optare per un parto sul fianco o in posizione verticale. C’è anche l’opzione del parto in acqua, che però viene offerto solo da poche strutture ospedaliere in Italia, ma che potrebbe essere effettuato anche in caso, con l’assistenza di un’ostetrica di fiducia. Questo è, in linea generale, il quadro di opzioni tra cui una neo mamma può scegliere: e scegliere è molto importante perché ciascun parto deve essere – ove possibile – quanto più vicino a come una donna lo immagina e lo desidera.
Esiste però una tipologia di parti che viene definita “operativa” o “strumentata”, di cui si parla poco perché le percentuali con cui si verificano non sono altissime, ma che è bene conoscere per non entrare nel panico in sala parto, qualora si dovesse rendere necessario l’utilizzo di alcuni strumenti specifici. Gli strumenti utilizzati in un parto operativo sono principalmente due: il forcipe e la ventosa.
Forcipe e ventosa
Il forcipe è uno strumento che ricorda molto una grande pinza, che viene posta – delicatamente – sulla testa del feto che sta fuoriuscendo dal canale vaginale, con cui si “aiuta” l’espulsione dello stesso.
Anche la ventosa si utilizza per lo stesso motivo, cioè quello di coadiuvare l’espulsione del bimbo: è una piccola coppetta in silicone o metallo che viene applicata sulla testa del bambino, per agevolarne la rotazione per mezzo dell’aspirazione.
Sebbene l’utilizzo di questi due strumenti, in particolare quello del forcipe, susciti sempre un certo timore nella mamma e riporti ad un lontano passato, esso invece può realmente essere di grande aiuto: lacerazioni e lesioni fetali sono davvero rare, anche perché l’incidenza dell’utilizzo del forcipe nei parti al giorno d’oggi è pari a circa l’1,5%.
L’uso della ventosa è invece più frequente, con una percentuale che si aggira intorno al 15-16%: il suo utilizzo non comporta alcun rischio né per il feto, né per la mamma. L’unica piccola complicazione per il bambino può essere la comparsa di un ematoma sulla testolina, che però si riassorbe entro poche settimane dalla nascita. Per la mamma invece l’uso della ventosa può portare ad una contemporanea episiotomia, ma non necessariamente.
Le cause di un parto “operativo”
Ma perché un ginecologo decide di ricorrere all’utilizzo di forcipe e ventosa? Le cause possono essere molteplici e, molte volte, sono comuni per entrambi gli strumenti. Se la partoriente non riesce a collaborare attivamente, per via dell’analgesia peridurale, con le spinte in fase espulsiva, ecco allora che forcipe e ventosa si rivelano due strumenti molto utili. La donna potrebbe inoltre essere molto stanca e non riuscire più a spingere oppure potrebbe presentarsi un arresto improvviso del travaglio, così come un suo eccessivo prolungamento. Tra le altre cause del ricorso ad un parto operativo c’è quello della sofferenza fetale: se il battito cardiaco del piccolo cala improvvisamente o se il bimbo va in ipo-ossigenazione, grazie a forcipe e ventosa si può agire molto più rapidamente, evitando qualsiasi danno permanente. In ultimo, un parto operativo con ventosa può presentarsi quando il bambino non si trova nella posizione ottimale per nascere: grazie all’aspirazione si aiuta la rotazione completa, che faciliterà l’espulsione attraverso il canale da parto.
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Sono passati ormai 47 anni dalla nascita del mio primo figlio che porta ancora una grossa cicatrice del cuoio capelluto per il prolungato posizionamento del vacuum. Per fortuna non ha riportato altri danni, anche se la pediatra presente alla nascita(il bambino ha avuto le convulsioni e non ha pianto subito) mi aveva detto che:- non ha l’aspetto del cerebroleso, bisogna però aspettare che cresca per esserne certi.La stessa cosa ripetuta da un secondo specialista, una autorità nel suo campo:-Se ci sono state lesioni cerebrali si vedrà a suo tempo!- Per fortuna l’unico danno è stata la lacerazione estesa del cuoio capelluto, e un altrettanto vasto tumore da parto. Adesso è uno splendido uomo.
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