“Spotting”: cos’è e in che modo può interessare una gravidanza

“Spotting”: cos’è e in che modo può interessare una gravidanza

La parola “spotting” ha origine dal verbo inglese “to spot”, che significa macchiare. Questo vocabolo è entrato ormai anche nel lessico italiano, in correlazione a fenomeni che possono essere definiti “ginecologici”: nella nostra lingua viene tradotto come sanguinamento “atipico” dell’utero, che si verifica nel cosiddetto “periodo intermestruale”, cioè quando la donna non è interessata dal ciclo mensile.

Lo spotting si manifesta con delle perdite ematiche che possono passare dal rosa chiaro al rosso molto scuro, dall’abbondanza variabile, che di solito non durano più di quarantotto ore. Essendo l’organismo femminile dotato di meccanismi praticamente perfetti, quando si verificano questo tipo di perdite comunemente chiamate spotting significa che qualcosa non funziona nel modo giusto: l’apparato genitale femminile si è momentaneamente inceppato ed è opportuno capirne le motivazioni.

Non sempre lo spotting deve considerarsi un campanello di allarme di una patologia significativa: solo analisi più approfondite potranno fornire tutte le indicazioni del caso. Solitamente questo tipo di sanguinamento dell’utero intermestruale viene distinto in due macro categorie: da una parte vi sono i sanguinamenti cosiddetti “organici”, dall’altra invece quelli definiti “disfunzionali”.

I sanguinamenti uterini organici sono quelli che avvengono proprio a causa di una patologia in atto nell’organismo: tra le più frequenti troviamo la presenza di polipi, la fibromatosi, il carcinoma dell’endometrio o altri tipi di problematiche legate a questa mucosa uterina, oppure patologie legate alla tiroide.

Lo spotting disfunzionale indica invece un sanguinamento atipico di cui non è possibile stabilire con precisione una specifica patologia correlata: sono perdite legate a squilibri ormonali, che possono interessare le ovaie, l’ipotalamo oppure l’ipofisi. Possono essere legate ad un aumento o abbassamento di estrogeni o progesterone, sindrome di Halban o assenza di fase luteale.

Le cause di questo tipo di spotting disfunzionale possono essere davvero svariate e spesso è molto difficile riuscire a capire la correlazione tra le perdite ematiche e la motivazione per cui esse si manifestano. Tra le principali cause dello spotting rientrano i forti periodi di stress, una prolungata scorretta alimentazione che non permette all’organismo di ricevere nutrienti importanti come sufficienti quantità di vitamine o proteine o ad esempio una somministrazione inadeguata di farmaci, tra cui anche la pillola anticoncezionale. Ancora: tra le cause dello spotting possono esserci anche importanti disturbi alimentari, come anoressia, bulimia e obesità o un’attività fisica troppo intensa o problematiche legate alle ovaie come la sindrome dell’ovaio policistico o micropolicistico. Solo accurate analisi prescritte da un endocrinologo di fiducia potranno aiutare a capire la reale causa dello spotting e ad individuare la soluzione ideale.

Lo spotting da impianto

Ma in che modo lo spotting può interessare la gravidanza? Tutti i casi elencati fin qui, sia di sanguinamento uterino cosiddetto “organico” che “disfunzionale” possono interessare tutte le donne NON in stato interessante. Esiste però anche una tipologia di spotting che si manifesta solo ed unicamente nelle donne in gravidanza: stiamo parlando dello spotting da impianto. Lo spotting da impianto non deve allarmare la futura mamma: basta conoscerlo, riconoscerlo e sapere a cosa è dovuto. L’unico piccolo rischio è quello di confonderlo con le mestruazioni, soprattutto per chi ha un ciclo irregolare: questo comporterebbe per la neomamma di non accorgersi tempestivamente di una gravidanza in corso, prendendo tutte quelle piccole precauzioni necessarie quando si scopre di aspettare un bebè. Ma lo spotting da impianto può essere ben distinto dal ciclo mestruale: innanzitutto esso si manifesta tra una settimana e dieci giorni dopo il concepimento ed è dovuto all’impianto dell’embrione sulla parete uterina. Inoltre lo spotting da impianto non dura più di 24-48 ore: molto meno, quindi, di una mestruazione. Il suo colore è tendente al rosa molto chiaro, con leggere striature: anche in questo caso, la differenza con il ciclo dovrebbe risultare evidente. Molte donne in dolce attesa testimoniano di non essersi minimamente accorte dello spotting da impianto: le statistiche indicano infatti che esso si manifesta in una gestante su cinque. Se si notano delle piccole perdite dopo circa 7-10 giorni da un rapporto non protetto è quindi opportuno consultare il ginecologo di fiducia o fare tutte le analisi del caso: una gravidanza potrebbe essere dietro l’angolo!

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