Durante i nove mesi della gravidanza, ogni donna si trova davanti a molte decisioni da prendere e scelte da dover fare. Bisogna scegliere il ginecologo con cui si vuole intraprendere e portare a termine il percorso, l’ospedale o la clinica dove partorire, se optare o non optare per la parto-analgesia o epidurale, se scegliere di trascorrere alcune ore del travaglio in casa con un’ostetrica e molto altro ancora. Ogni decisione va presa entro termini ben precisi, per non rischiare di trovarsi impreparate: anche in questo caso essere informate di tutte le possibilità che ci sono aiuterà a poter fare le scelte migliori, in piena serenità e consapevolezza. Il parto, oltre ogni dolore, può e deve essere un’esperienza magnifica, da ricordare una vita intera: decidere di dare un’impostazione e un approccio positivo ad esso è un diritto di ogni donna. C’è anche un’ultima decisione da prendere al momento del parto, ma a cui bisogna iniziare a pensare per tempo: la conservazione del cordone ombelicale. Le neomamme solitamente vengono a conoscenza della possibilità di donare – e conservare – il cordone ombelicale tramite quattro canali differenti: il proprio ginecologo, i corsi pre-parto, gli studi medici o cliniche private presso cui si sono effettuate precedenti visite e l’informazione, in piena autonomia, attraverso ricerche su internet.
Fino a qualche anno fa il funicolo ombelicale, in cui scorre il sangue cordonale e che garantisce lo scambio tra mamma e bambino per tutti i nove mesi di gestazione, veniva abitualmente gettato dopo il cosiddetto “clampaggio”, ovvero il posizionamento di una pinza sul cordone, per interrompere il flusso sanguigno. Con l’avanzare della ricerca però è stato scoperto che gettare via il cordone appena reciso era un grande spreco, in quanto esso è ricco di cellule staminali praticamente identiche a quelle del midollo osseo: le cellule staminali hanno un ruolo di primo piano nella cura di malattie ematiche, prime tra tutti leucemie e linfomi di varie forme e stadi di gravità. Inoltre la ricerca sta facendo passi da giganti in questo senso: se oggi è possibile curare più di 70 malattie grazie alle cellule staminali, in futuro questo numero sarà destinato a crescere e probabilmente anche ad “invadere” nuovi campi oltre quello delle malattie del sangue, congenite e metaboliche. Donare il cordone ombelicale e le cellule staminali in esso contenute può essere quindi un gesto fondamentale per la cura di moltissime persone. Della donazione del cordone ombelicale e di come e dove essa può avvenire parleremo ampiamente in seguito, con un articolo dedicato. Occupiamoci ora di capire, dopo un’eventuale donazione, come esso potrà essere conservato.
Modalità di conservazione: donazione pubblica o conservazione privata
In Italia vi sono due modalità di conservazione del cordone ombelicale: la prima avviene presso una banca di sangue placentare cosiddetta “pubblica”, la seconda invece presso una banca “privata”. Quali sono le differenze tra le due modalità di conservazione? La risposta è molto semplice: se si decide di donare il cordone in una banca pubblica, il cordone ombelicale sarà, dopo sofisticate analisi di laboratorio in cui esso verrà “tipizzato” e catalogato, messo a disposizione di chiunque ne abbia bisogno, se idoneo e privo di agenti infettivi. Questo significa che, se compatibile, ogni bambino o adulto affetto da malattie del sangue potrà beneficiare delle cellule staminali contenute nel cordone donato presso la Banche di Sangue del Cordone Ombelicale. Ogni regione d’Italia ha una serie di banche: sul sito del Ministero della Salute è possibile consultare l’elenco dettagliato delle banche pubbliche. La neomamma non potrà quindi “rientrare in possesso” del suo sangue cordonale, qualora dovesse averne bisogno per un futuro bambino o parente. E’ possibile però effettuare una “donazione dedicata”: se c’è già, al momento della nascita del nuovo bebè, un parente stretto cui è stata diagnosticata una malattia che potrebbe essere curata grazie ad un trapianto di staminali, si può richiedere di riservare la donazione del cordone proprio al parente che ne ha bisogno.
Se si sceglie invece la conservazione del cordone ombelicale presso una Banca privata, cioè che permetta di utilizzare in futuro il sangue placentare e le staminali presenti nel cordone solo ed esclusivamente per uso personale, bisognerà affidarsi ad una società privata che si occupi di trasportare il cordone presso una Banca estera. In Italia infatti non è prevista la conservazione in forma privata: bisognerà quindi affidarsi ad una società estera, con filiale in Italia, che si occuperà del trasporto e della crioconservazione in azoto liquido (questa la modalità con cui viene “congelato il cordone”) presso una Banca in Svizzera, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Stati Uniti o Dubai: sono questi i principali paesi in cui le società estere che operano in Italia conservano le staminali e il sangue cordonale.
Costi della conservazione del cordone ombelicale
Quali sono i costi delle due tipologie di conservazione del cordone ombelicale, quella pubblica e quella privata? Per quanto riguarda la donazione pubblica, essa è totalmente gratuita. E’ gratuita la procedura con cui avviene la raccolta del sangue cordonale (purché venga effettuata in una struttura che preveda questa possibilità – in Italia sono circa 300) ed è gratuito l’eventuale ricorso ad un’unità cordonale adatta per un trapianto, a cui attingere presso una Banca Pubblica.
Per quanto riguarda la conservazione presso una Banca privata, i costi sono piuttosto alti e variano in base alla società estera cui si sceglie di affidarsi e al tipo di soluzione scelta per la conservazione. Solitamente i costi si aggirano tra i 1800 e i 3000 euro, a seconda che si vogliano conservare le cellule staminali da un minimo di 20 anni fino a un massimo di 50 anni. E’ possibile rateizzare gli importi, per 12-18 o 24 mesi: sui siti web delle diverse Banche private si potranno reperire tutte le informazioni su costi e metodi di pagamento.
Le variabili che possono incidere sui costi di conservazione del cordone ombelicale sono le seguenti:
- durata del servizio di crioconservazione (da un minimo di 20 fino a un massimo di 50 anni);
- conservazione (aggiuntiva) del tessuto del cordone ombelicale;
- eventuali test aggiuntivi come ad es. test compatibilità HLA, screening neonatale, ecc.;
- assicurazioni aggiuntive;
- parti gemellari, il prezzo varierà in base al numero dei neonati.
Il consiglio è quello di valutare con attenzione le offerte delle diverse banche private e documentarsi, magari attraverso il proprio ginecologo di fiducia, circa l’effettiva utilità di alcuni servizi aggiuntivi, come ad esempio la durata della conservazione estesa fino a 50 anni; può capitare infatti che alcuni di questi servizi addizionali siano privi di fondamenti scientifici.
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