Maternità a Roma: come districarsi nella burocrazia di una grande città (parte 1)

Maternità a Roma: come districarsi nella burocrazia di una grande città (parte 1)

Questa volta voglio raccontare in prima persona la mia esperienza di maternità (tutt’ora in corso – sono all’ottavo mese) in una grande città come Roma: sicuramente ci saranno molte differenze con il resto delle grandi città d’Italia – in particolare con quelle del Nord – ma, immagino, anche tante similitudini e tante mamme potranno ritrovarsi in ciò che scrivo – o magari prendere spunti per non ripetere i miei stessi errori!

Roma è una città che amo profondamente, con tutte le sue mille contraddizioni: è la città in cui sono nata, dove vivo e dove nascerà la mia bambina. Allo stesso tempo penso che Roma sia anche una città estremamente difficile: per viverci – e tentare di viverci bene – bisogna avere tanta pazienza e un approccio positivo verso il mondo e la vita in generale, con i nervi ben saldi. Perché Roma è anche una città che i nervi può farteli saltare dieci volte in una stessa giornata, con il tuo autobus che non passa mai, la metro stracolma di gente a qualsiasi ora del giorno e della notte, il traffico che ti risucchia e scombussola tutti i tuoi piani da neo mamma super organizzata ecc., ecc., ecc.

Le prime analisi

Durante questi mesi di maternità ho conosciuto Roma sotto un aspetto con cui – fortunatamente – avevo avuto poco a che fare negli anni passati: quello della sanità. Quando una ragazza scopre di essere rimasta incinta si trova catapultata in un mondo del tutto nuovo: la gioia è tanta, le voci che danno consigli – spesso non richiesti – anche, e le prime settimane sono quelle di maggiore confusione. Prima ecografia, prima visita dal ginecologo di fiducia: vengono prescritte una serie di analisi – una lunga, lunghissima serie – e fatti tutti i primi accertamenti del caso. All’inizio si pensa, prese dall’euforia: “ma sì magari queste prime analisi le pago, poi mi informerò più in là”. Non fate il mio stesso errore. Le spese da affrontare durante i nove mesi della gravidanza saranno tantissime, quindi se potete risparmiare su qualcosa, fatelo. Sempre. Un consiglio spassionato è quello di informarsi: ho amiche che per le prime analisi in gravidanza hanno speso una media di 250-300 euro, perché non sapevano che molte di esse sono gratuite. Il web in questo caso non è sempre un valido strumento per conoscere i propri diritti, o meglio non lo sono le pagine di forum e blog poco aggiornate. Molto meglio fare affidamento solo sul sito del Ministero della Salute e più precisamente sulla pagina di tutte le esenzioni previste per le gestanti, mese per mese. Il primo paradosso con cui mi sono dovuta scontrare è che anche molti ospedali non avevano ben chiara la situazione: mi sono trovata spesso a dover IO insistere per avere gratuitamente prestazioni sanitarie che mi spettavano di diritto, portando tutti i dati in mio possesso per confermare ciò che dicevo. Addirittura strutture diverse agivano in modo differente: in alcune determinate analisi erano gratuite, in altre a pagamento. L’informazione è davvero fondamentale, altrimenti non se ne esce. E’ molto importante che il vostro medico di base scriva sempre sulle ricette il codice di esenzione per la prestazione richiesta (ecografia o le diverse tipologie di analisi), indicato con una “M”, seguito dal numero delle settimane di gestazione in cui eseguirete le analisi. Informatevi voi per prime, altrimenti tutti cercheranno di farvi pagare anche ciò che potreste avere in forma gratuita. Assurdo a dirsi, ma è proprio così.

Il CUP

Il secondo paradosso – e qui c’è da ridere – è stato quando ho tentato – invano – di prenotare tramite il CUP (il centro unico di prenotazione della Regione Lazio) le tre ecografie che possono essere effettuate tramite il sistema sanitario nazionale. Sono tre infatti le ecografie più importanti da fare durante i nove mesi di gravidanza (ecografia del primo trimestre, ecografia morfologica e ecografia di “accrescimento”, nel terzo trimestre) e fortunatamente queste possono essere fatte presso Asl e ospedali pubblici e non per forza presso privati, risparmiando non pochi soldini. Questo, naturalmente, tutto in teoria. Perché siamo a Roma e perché il sistema sanitario è vicino al collasso, con molte liste d’attesa chiuse. Spinta da alcune amiche fidate e sicuramente più informate di me (che invece già sognavo la mia bambina e pensavo poco alle cose “pratiche” da fare nei primissimi mesi) ho chiamato il CUP pochi giorni dopo aver scoperto di essere incinta: stiamo parlando dei primi di giugno 2016. Dalle indicazioni della mia ginecologa avrei dovuto fare quindi le tre ecografie “di routine” a fine luglio, a fine settembre e a metà dicembre: cioè più di un mese e mezzo, tre mesi e mezzo e addirittura 6 mesi e mezzo dopo, rispetto alla telefonata che stavo facendo per effettuare le prenotazioni. Risultato? L’operatrice telefonica del CUP mi ha riso in faccia: per l’ecografia del primo trimestre e per la morfologica non c’era assolutamente posto. E considerate che io chiedo sempre la possibilità di fare le visite anche nei dintorni di Roma, tra Anzio, Nettuno, Latina… insomma su gran parte del Lazio! Niente da fare: la risposta è stata che avrei dovuto pensarci prima! Ma prima quando? L’operatrice mi ha detto che ormai molte donne, conoscendo la “situazione romana” prenotano prima di sapere di essere in stato interessante! E che per la prossima volta mi consigliava di fare lo stesso. Io, al telefono, sono rimasta completamente allibita.  Morale della favola, delle tre ecografie che avrei potuto effettuare tramite il sistema sanitario nazionale, sono riuscita a prenotarne solo una, quella di dicembre ovviamente, in una struttura di Morena, vicino Ciampino: meglio questo che niente!

A presto per la prossima puntata!

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